"Sergente Romano", LiberAria, Bari 2016, 169 pp, 12 euro
1861: l’Italia “quasi” unita è il caos di una nascente
nazione, un guazzabuglio di fazioni in contrasto, tra borbonici, mazziniani,
liberali borghesi, clero e i Savoia che smantellano burocrazia e esercito del
passato regime, introducono tasse e coscrizione.
Le storie vere di un manipolo di sbandati che il 28 luglio 1861
assaltò Gioia del Colle, in Puglia, quale primo atto di un’insurrezione
popolare che avrebbe incendiato il Sud Italia negli anni a venire.
La
storia vera del capo di quel manipolo, Pasquale Domenico Romano, ex sergente
dell’esercito borbonico, che per casualità, amore e vendetta, finirà per essere
ricordato come uno dei più importanti protagonisti del banditismo
post-unitario: il più romantico, il più sconosciuto.
Con parecchi
documenti storici e una prosa scattante, asciutta, scorre crudo e selvaggio questo
romanzo che vuol dare voce ai vinti, quei contadini incapaci di reggere un fucile
in mano, che spesso finivano fuori legge quasi senza accorgersene; e al
contempo il ritratto di un’epoca di transizione che sembra non voler ancora
finire.
Menzione speciale per "il lavoro sulla memoria", Premio Pasolini di Barile (PZ).
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